Il busto di gesso

Premio Campiello 1976. È la storia, largamente autobiografica, di un uomo che nella sua vita è stato via via sostenuto da tre «busti di gesso». Dapprima, durante l'infanzia, la famiglia, solida e patriarcale, come ancora se ne potevano trovare nella borghesia di provincia alla fine degli anni Venti. Poi, adolescente e giovane, il fascismo, vissuto con sincera quanto cieca adesione, fra adunate e sventolio di bandiere, fino alla partenza, come volontario, per la guerra. Infine, dopo la prigionia, il socialismo, inteso totalitariamente come palingenesi universale, come traguardo assoluto per il quale ci si deve battere anche quando si sa, come i personaggi di Koestler, che potrà segnare la nostra fine personale («sarò il primo ad essere impiccato»). Persa anche la fede nella «grande rivoluzione», il protagonista - che, dopo essere stato giornalista in un quotidiano di sinistra accesa; è passato a un giornale aperto ma borghese - si ritrova a dover ricercare la verità giorno dopo giorno, senza «busti di gesso» e senza traguardi luminosamente sicuri. Una liberazione o una diminuzione? Un progresso o una rinuncia? Neppure l'amorevole dialettica con la moglie, poeticamente svagata, e con le figlie, giovanissime contestatrici di estrema sinistra - tutto il libro è un continuo contrappunto tra passato e presente - è sufficiente a fargli trovare una risposta definitiva. Giocata sempre in chiave psicologica e ironica, sottilmente letteraria, l'opera non è soltanto il ritratto di un personaggio insolito, una specie di Don Chisciotte alla perpetua ricerca di irraggiungibili mulini a vento, ma quello di un'intera generazione che vi potrà ritrovare luoghi ed eventi memorabili dell'ultimo mezzo secolo: la Ferrara di Italo Balbo, la proclamazione dell'Impero, la Milano dell'immediato dopoguerra con l'esplosione delle sue mille speranze e in drammatica contrapposizione, la Praga del 1968 nei giorni dell'invasione sovietica. Nato a Ferrara nel 1918, a vent'anni Gaetano Tumiati pubblicò i primi racconti sull'«Oggi» di Arrigo Benedetti e Mario Pannunzio. Dopo la laurea in legge e la parentesi bellica abbandonò lo studio legale paterno e si trasferì a Milano. Inviato speciale dell'«Avanti!», redattore-capo e poi direttore dell'«Illustrazione italiana», inviato della «Stampa» di Torino, oggi vicedirettore di «Panorama», per quasi trent'anni si è dedicato esclusivamente al giornalismo. Con Il busto di gesso ritorna prepotentemente alla letteratura cui è legato anche da una tradizione familiare.